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HAYDÉE CASTILLO: “Non piango perché mi sostiene l'indignazione ”

Intervista di Milagros Socorro

03.12.04 | A pochi giorni dalla morte di suo figlio, l'avvocato Antonio Lopez Castillo, in un supposto scontro con la polizia, la ex senatrice ed ex ministro non dà riposo al suo lutto e riceve la stampa perché pensa che i media sono attualmente la sua unica protezione. "E l'unica speranza che si sappia perché mio figlio è morto"

— Cerchi i dirmi come si sente.

— E' difficile dirlo. Le dirò quello che sono, una madre alla quale hanno ucciso il figlio maggiore, e che inoltre ha subito una perquisizione irregolare nella sua propria casa ed è stata vittima di maltrattamenti, non esattamente fisici, ma sì di ogni altra sorte che si possa immaginare da un essere umano. Hanno violati i nostri diritti e questo, sommato al grande dolore e la morte di mio figlio, mi ha provocato una profonda indignazione perché al mio dolore personale si aggiunge il fatto che in Venezuela, ed in pieno secolo XXI, possano accadere queste cose impunemente.

— Perché pensa che sia potuto accadere tutto questo? quale nesso aveva suo figlio con la morte del Fiscale Anderson?

— Non ne ho la minima idea. L'unica informazione che ho è quella che leggo sui giornali.

Noi non sappiamo ancora come è morto nostro figlio, se veramente c’è stato uno scontro con funzionari della polizia, vestiti e identificati come tali, se è stato un altro tipo di scontro o se è stato assassinato a sangue freddo. Ancora non lo sappiamo.

L’unica cosa che ci hanno detto le persone che hanno riconosciuto il cadavere di mio figlio, famigliari e il nostro avvocato, è che aveva 18 spari, tra i quali un colpo di grazia qui (si tocca un punto sotto al mento) con un segno di tatuaggio di polvere da sparo… e niente più. Nessuno ci ha dato una versione completa o ufficiale di ciò che è accaduto. Chi lo ha ucciso? Perché è morto? Non abbiamo risposte. Immaginiamo che con nostro figlio è accaduto lo stesso che è accaduto a noi; qui è venuta gente gente che nessuno sapeva chi fossero, perché alcuni erano a viso coperto, non si sapeva a che corpo di polizia appartenessero, perché alcuni non si sono identificati. Ed io non so ancora perché mio figlio è morto.

—Come e quanto avete saputo che vostro figlio era morto?

— Dopo una mezz’ora che erano arrivati e ci avevano rinchiusi in salotto, perché non ci lasciavano muovere né fare chiamate telefoniche o riceverle, è arrivato un signore vestito in civile e si è presentato come fiscale del Ministero Pubblico e disse che veniva a fare una perquisizione con un ordine emesso telefonicamente.

Giacché era da mezz’ora che stavamo chiedendo cosa stesse accadendo e nessuno ci rispondeva, abbiamo fatto la stessa domanda a lui. E lui ci rispose:” Suo figlio è stato ucciso ed è già all’obitorio”

Questa è stata la prima notizia che abbiamo avuto, circa alle 2:00 del pomeriggio. Non abbiamo potuto fare nulla. Ci tenevano reclusi in salotto, li vedevamo entrare ed uscire, passare da un lato all’altro, revisore la casa, buttar tutto all’aria.

Noi non li vedevamo, sentivamo solo i rumori.

— Però davanti ad una rivelazione di questa gravità voi cosa avete fatto?

— Mio marito, che è cardiopatico, ha avuto una specie di crisi. Al chè ci hanno permesso chiamare il cardiologo e questi ha ricettato una medicina, che loro stessi sono andati a comperare.

Uno di loro mi ha accompagnata in camera da letto a prendere i soldi per comperare la medicina.

—Nei giorni precedenti avevate notato qualche movimento strano o diverso dal solito?

—Nulla. Il martedì mattina, quando lo hanno ucciso, si è alzato all’ora di sempre, ha mangiato ed è andato in ufficio. Gli ho chiesto cos’era quel braccialetto di tela gialla che portava e mi rispose:” Questo è quello di Armstrong” o qualche cosa del genere, “dopo ti spiego”.

E’ stata l’ultima volta che l’ho visto. Ma questo non è trascendente. Se lui sospettava qualche cosa, l’unica cosa certa è che lui era uscito di casa e si dirigeva all’ufficio. Questo è fondamentale.

Supponendo che lui avesse qualche cosa a che fare con i fatti che hanno a che vedere con il caso, giustifica questo che lo abbiano ucciso? Quando io proposi la pena di morte al Senato, tutti quanti mi sono saltati addosso, ad iniziare da alcuni che ora sono al Governo. Allora? Era autentica la loro opposizione alla morte? Cos’è che stanno applicando ora? Quello che io stavo proponendo era la pena capitale per delitti orrendi, dopo un processo con tutti gli appelli necessari, fino alla Corte Suprema di Giustizia, che offriva tutte le garanzie possibili che non si stesse commettendo un gravissimo errore, per evitare, giustamente, ciò che è accaduto con mio figlio, e cioè che la polizia diventasse giudice e carnefice. Questo trovò molti oppositori e non fu mai approvato. Bene. Cos’è che stiamo vedendo ora? Cos’è accaduto con mio figlio? Lo hanno ucciso perché sospettato… sospettato di cosa? Perché assomigliava a qualcuno come si è detto? E questo è un delitto che merita la pena di morte? A proposito, in questi giorni, nella sala d’attesa della clinica, abbiamo visto una fotografia che ritraeva di spalle il generale con il quale dicono sia stato confuso nostro figlio, e la verità è che il rassomiglianza è notevole. Lei mi ha chiesto come mi sentivo. Mi sento come una delle tante madri venezuelane alle quali uccidono un figlio e le quali restano senza sapere né il perché né il come. Non posso dirle altro. Questo lo sappiamo solamente le madri che sono passate per questo.

— Avete intrapreso azioni legali perché si chiarisca l’accaduto?

— Non ne abbiamo avuto il tempo. Prima siamo stati detenuti e poi quando siamo usciti siamo andati al funerale di nostro figlio. Ma ora che abbiamo tempo, a chi andiamo a esigere giustizia? Agli stessi che lo hanno ucciso, perché un PTJ mi ha detto qui in casa mia:” suo figlio lo abbiamo ucciso come un cane” - quelle parole “lo abbiamo ucciso” vuol dire che lui e la sua gente – sono quelli che stanno investigando la sua morte. Per favore! Che spiegazioni posso aspettarmi dai responsabili di quello che è accaduto con mio figlio. Che giustizia mi posso aspettare.

—Questo funzionario era a viso scoperto?

— Sí, ma non so chi fosse. Non l’avevo mai visto prima e spero non vederlo mai più in vita mia.

— Lei ha visto quest’uomo negli occhi, perché crede che le ha detto questo?

—Gli esseri umani normali non riusciamo a capirlo. Io spero veramente che mai nessuno vada a dire a sua madre una cosa del genere. Come posso risponderle.

Credo sia una perversione, voleva farmi vedere che loro sono potenti e che possono fare in questo paese qualsiasi cosa vogliano con la vita e l’onore di tutti. Lei non ha idea di quante volte ho ricordato questo momento. Naturalmente mi fa orrore perché stava parlando di mio figlio ma anche perché quella crudeltà, quella perversione mi fanno vedere che non avremo né giustizia né indagini trasparenti.

— Ha pensato di rivolgersi ad organismi internazionali ?

— Non abbiamo avuto tempo di pensare. Nemmeno di finire di mettere in ordine casa, hanno lasciato un disastro. Non abbiamo avuto il tempo se non di sotterrare nostro figlio e di andarci a presentare per la prima volta al tribunale, perché questo è quello che dobbiamo fare.

—Avete richiesto un esame del corpo di vostro figlio? Uno che vi risulti affidabile?

— Non lo abbiamo fatto ma lo faremo. Non abbiamo visto l’autopsia perché nessuno ci ha consegnato una copia dell’autopsia che ha fatto il Governo. Non abbiamo visto nemmeno l’automobile. Stiamo aspettando spiegazioni che nessuno ci darà, riceviamo solamente la solidarietà della gente che è l’unica cosa che ci conforta e consola.

Crediamo però che un giorno si saprà la verità. E’ solo questione di tempo. Tutto viene a galla. Certo mi piacerebbe saperlo il più presto possibile per non continuare in questa incertezza e questa angoscia nella quale ci troviamo.

Certamente qualcuno sa bene cos’è accaduto.

— Nelle ore in cui eravate detenuti, aspettando il giudice, non avete sentito nulla?

— Null’altro che parole di solidarietà della gente. Persino i detenuti con i quali abbiamo condiviso le due notti di arresto sono stati gentilissimi con noi dal momento in cui hanno saputo perché eravamo lì, che è la prima cosa che ti chiedono quando entri in cella. E’ stata impressionante la delicatezza con la quale ci hanno trattati quei reclusi. Io ero in una cella di donne ed una di loro mi ha prestato un vestito, che mi ha dato piegato, perché potessi appoggiare la testa. Era una cella orrenda, che i poliziotti chiudono di notte lasciando le detenute lì senza un gabinetto. Tutte hanno cercato di aiutarmi ed hanno mantenuto un rispettoso silenzio quando ho pianto un po’ quella prima notte.

— Il commentario generale è la sorpresa della sua integrità di fronte a questi fatti.

— Non ho avuto tempo di piangere.

Ho pianto un po’ quando sono entrata in camera sua a prendere un vestito, una camicia ed una cravatta per inviarli all’agenzia funebre. Quando sono entrata nel suo bagno, che ancora profumava di lui…Dio mio! Che cosa! Ma non voglio piangere, mi sostiene l’indignazione.

—State prendendo medicine?

— Tony sí, perché glielo ha ordinato il cardiologo, sta prendendo lexotanil. Io non ho preso nessun calmante.

Mi rifiuto di prendere calmanti. Voglio mantenere la mia indignazione completa, senza aiuto né attenuanti.

Interviene Antonio López Acosta e le prende la mano per stringergliela: “Io sì li sto prendendo perché non voglio che Haideè rimanga vedova. I miei bypass stanno compiendo 15 anni, cosa che è un rischio abbastanza grande. Tra un mese compirò 70 anni”

—Voi avete altri due figli, sono venuto al funerale del loro fratello?

—No. Naturalmente loro volevano venire immediatamente, per il loro fratello, per noi. Ma glielo abbiamo proibito perché se al nostro figlio maggiore è accaduto questo, non vogliamo che gli altri siano esposti a una cosa simile o che li arrestino nel momento in cui arrivano all’aeroporto.

—Voi avete pensato andar via dal Venezuela?

— No. Noi apparteniamo a questo paese. Il Venezuela è il nostro paese. Dove possiamo andare a 70 anni? Io non avrei mai pensato di dover dire ad un figlio mio “non venire in Venezuela”. E non mi rende per nulla felice vedere che tutte le famiglie di classe media hanno almeno un figlio fuori cercando opportunità. Non ho mai desiderato che le nuove generazioni se ne vadano dal paese perché questo è il nostro terreno di lotta. Ed ora ho detto ai miei figli che non venissero per il funerale perché penso che qui non siano sicuri.

— Allora anche voi siete a rischio.

— Certo che siamo a rischio.

Però dopo che hanno ucciso nostro figlio cos’altro ci possono fare?

Toglierci la vita che ormai non ha più valore ?

Ci uccidono ? Fatelo. Non ce ne andremo dal Venezuela. Sappiamo che siamo in pericolo e che la nostra unica protezione siete voi, i mezzi di comunicazione. Il giorno in cui ci hanno portato alla PTJ hanno scelto la strada più lunga e più isolata.

Io ho detto a Tony “Questi sono capaci di averci portati fin qui per ucciderci” ed entrambi abbiamo pensato la stessa cosa “se ci uccidono insieme, siamo insieme”. Siamo insieme da 35 anni e così è come vorremo morire. Quando uno è giovane ha paura di morire però alla nostra età no. Noi abbiamo fiducia in Dio, sappiamo che è misericordioso.

Questi crimini che non hanno spiegazione calmano agli occhi di Dio. Noi crediamo fermamente che ci sarà giustizia divina. Quella umana può fallire ma quella di Dio è implacabile.

traduzione b.bessone



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